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L'estrazione

L’estrazione della materia prima costituisce il primo stadio del ciclo di trasformazione del sughero.
In questa fase iniziale è estremamente importante lo studio delle caratteristiche della quercia, che vanta di una vita relativamente breve.
L’estrazione, che consta del distacco del sughero dal tronco, viene effettuata tra il mese di maggio e quello di agosto di modo che le cellule non ancora ispessite consentano un facile distacco dal fellogeno, strato interno della corteccia che darà origine ad una nuova generazione di sughero. Questa operazione che non deve danneggiare le zona generatrice, è svolta da operai specializzati, chiamati estrattori o scorzini. La loro abilità, frutto dell’esperienza maturata negli anni, delinea una figura professionale che sta scomparendo, in quanto non si è riusciti ad assicurare il giusto cambio generazionale.
Gli estrattori nel loro lavoro non utilizzano alcuno strumento meccanico se non un’accetta e dei coltelli affilati, con i quali incidono la corteccia dalla pianta, praticando due tagli circolari continui e netti, uno in basso e uno in alto, e uno o due verticali completando in seguito manualmente il distacco dal fusto evitando di strappare la corteccia e cercando di non danneggiare il fellogeno.
Il distacco - la decortica - della corteccia dalla pianta avviene ad intervalli regolari di circa 10-12 anni, quando il tronco ha raggiunto una circonferenza di 30 o 40 cm, cioè fra il ventesimo e il venticinquesimo anno di età della pianta e, quanto il suo spessore ne permette la lavorazione. Disposizioni di legge regolano il periodo in cui deve essere effettuato l’estrazione. La legge regionale del 9 febbraio 1994 n.4 all’art.20 stabilisce il divieto di intervenire su quelle piante caratterizzate da una circonferenza che, a 130 centimetri dal suolo, è inferiore a 60 centimetri soprascorza.
Questa prima estrazione, detta demaschiatura o scorzatura, fornisce il cosiddetto sughero maschio, vergine o sugherone che incide per il 15% sull’intera produzione mondiale, è di scarsa qualità (ruvido, poroso e legnoso) è inadatto alla lavorazione e viene destinato alla macinazione per la produzione di agglomerati. Il sughero delle estrazioni successive, detto sughero gentile o femmina, presenta una struttura più regolare (liscio, compatto, leggero, elastico e impermeabile), si presta meglio ai processi di trasformazione, ha un maggior valore economico, rappresenta l’85% della quantità estratta ed è destinato per il 60% alla produzione dei trucioli, per il 30% alla macinazione per la produzione degli agglomerati bianchi e per il 10% alla produzione di solette per calzature.
La quantità di materia prima che si può ottenere da una pianta è in funzione di molteplici variabili (dimensione del tronco, età, spessore del sughero, periodo di estrazione). Complessivamente due operatori specializzati riescono in una giornata ad estrarre una media di 9-10 quintali, ma è possibile in alcuni casi arrivare anche a 15-16 quintali di sughero grezzo.
Una volta estratto dalla pianta e prima di essere sottoposto al processo di lavorazione, il sughero viene trasportato presso luoghi di raccolta, dove viene selezionato e diviso in base alle caratteristiche qualitative: il sugherone è destinato alla macina, le plance di sughero gentile sono accatastate in grandi spazi all’aperto e lasciate stagionare per un periodo generalmente compreso tra sei mesi e due anni.
Trascorso tale periodo, il sughero verrà selezionato e poi venduto a commercianti, industriali ed artigiani.

Il Trasporto

Il costo del trasporto, unitamente a quello dell’estrazione è l’ elemento determinante il valore d’acquisto del sughero.
Il trasporto risulta essere un onere particolarmente gravoso data la complessità del processo di raccolta del sughero, estratto in foresta, e per la difficile percorribilità delle vie di comunicazione.
Gli uomini trasportano a spalla le plance dall’interno delle foreste ai primi punti di raccolta e, successivamente, vengono trasportate nei depositi dei sugherifici.
Al centro di raccolta operano gli scartatori e gli stivatori; qui si effettua la prima cernita che consiste nella separazione del sughero maschio da quello femmina a sua volta classificato in buono, scarto e macinazione.
Il buono, costituito da plance di qualità e spessore idonee alla trasformazione mediante taglio, deve essere esente da difetti che possono compromettere la funzionalità del manufatto che si vuole ricavare.
In questa prima fase intervengono i primi controlli per individuare eventuali difetti del sughero dichiarato buono, che può celare due anomalie; l’Armillaria mellea, malattia della pianta, e le eventuali anomalie del verdone, in grado di compromettere entrambe la destinazione del sughero alla produzione di turaccioli, principale impiego di questa materia prima.

La Stagionatura

Una volta portato in azienda il sughero viene scaricato nei cortili delle aziende per il necessario periodo di stagionatura che varia da un minimo di sei mesi ad un massimo di due anni; i tempi variano a seconda del clima della zona, della qualità e della provenienza del sughero e dalla produzione a cui è finalizzato. Le plance vengono accatastate in pile evitando il contatto diretto con il suolo in modo tale da favorire una buona circolazione dell’aria. Durante questo periodo, il tessuto suberoso perde, a causa dell’ esposizione delle plance agli agenti atmosferici, circa il 10-30% della sua umidità e si libera di alcune impurità, tra cui la cosiddetta polvere rossa. Se il sughero non venisse stagionato questa andrebbe a finire nel tappo e conseguentemente nel vino, alterandone le caratteristiche organolettiche.
In questa fase la materia prima non deve subire nessun trattamento industriale.
L’attenzione prestata dai sugherai alla fase di stagionatura è massima; un’ insufficiente esposizione dal punto di vista temporale provocherebbe dei gravi problemi nella determinazione del livello qualitativo della materia, con gravi conseguenze nel prodotto finito. In questa fase i sugherifici sardi si differenziano da quelli iberici che riducono al minimo il periodo di stagionatura, mandando spesso le plance appena estratte direttamente alla bollitura.

La Bollitura

Ultimata la stagionatura il sughero è pronto per la bollitura, altra fase importante durante il quale il sughero aumenta di spessore e di flessibilità, vengono eliminati i parassiti contenuti nella corteccia, viene abbattuto il contenuto di sostanze idrosolubili, viene espulso il tannino e altre sostanze.
In questa fase, i pori del sughero, aperti durante il periodo dell’esposizione agli agenti atmosferici, si richiudono e il sughero perde la sua caratteristica curvatura assumendo un aspetto piano.
La bollitura avviene per circa un’ora, in caldaie o vasche rivestite di rame o in acciaio inox, nelle quali l’acqua, portata ad una temperatura di poco inferiore ai 100° C, deve essere continuamente rabboccata e periodicamente sostituita per intero. Soltanto attraverso questa operazione è possibile garantire l’effettiva pulizia del sughero; in effetti l’acqua di bollitura potrebbe saturarsi dopo un certo numero di lavaggi, peggiorando la qualità del sughero ivi bollito.
Nei sugherifici di grosse dimensioni la qualità di materia prima lavorata richiede un processo di bollitura continuo; mentre, le imprese artigiane solo periodicamente si preoccupano di organizzare autonomamente la bollitura e spesso usufruiscono di altri sugherifici.
Dopo essere stato bollito il sughero, talvolta, viene sottoposto ad un’altra operazione, la raschiatura, prima di venire imballato. A questo punto, mentre gli scarti di sughero gentile vengono convogliati verso i lavori di frantumazione, avviene una nuova classificazione ed infine, finalmente, indirizzato alle diverse attività di trasformazione.